Le proposte ANPRI sul nuovo ruolo professionale dei ricercatori e tecnologi nella delega per la semplificazione delle attività degli enti pubblici di ricerca
Nel documento da scaricare si possono trovare le proposte ANPRI relative alla delega prevista dalla legge 124/2015, in particolare con l’art. 13, per favorire e semplificare le attività degli Enti pubblici di ricerca(EPR). Fra i punti qualificanti della delega vi è l’obiettivo di “garantire il recepimento della Carta europea dei ricercatori e del documento European Framework for Research Careers, con particolare riguardo alla libertà di ricerca e all’autonomia professionale; consentire la portabilità dei progetti di ricerca e la relativa titolarità valorizzando la specificità del modello contrattuale del sistema degli enti di ricerca”.
l’ipotesi di stato giuridico dei ricercatori coinvolge direttamente anche i tecnologi Epr? Ovvero, la distinzione tra Ricercatori e Tecnologi avrebbe ancora senso, specialmente per i tecnologi che concorrono alle attività di ricerca al pari dei colleghi ricercatori? Pertanto al netto dei soli tecnologi che sono impegnati in attività prettamente amministrative, si dovrebbe favorire la creazione di un profilo professionale unico di ricercatore epr comprendente entrambi i profili di partenza.
l’ipotesi di stato giuridico dei ricercatori coinvolge direttamente anche i tecnologi Epr? Ovvero, la distinzione tra Ricercatori e Tecnologi avrebbe ancora senso, specialmente per i tecnologi che concorrono alle attività di ricerca al pari dei colleghi ricercatori? Pertanto al netto dei soli tecnologi che sono impegnati in attività prettamente amministrative, si dovrebbe favorire la creazione di un profilo professionale unico di ricercatore epr comprendente entrambi i profili di partenza.
Le vostre proposte sulla gestione del passaggio da ricercatori e tecnologi al II livello mi sembrano interessanti.
Tra l’altro, tenuto conto che l’obiettivo è quello di allineare lo status dei R&T degli EPR a quello della docenza universitaria, uno dei criteri per favorire il passaggio potrebbe essere considerare il conseguimento di ‘abilitazioni scientifiche nazionali’ per il reclutamento del personale docente universitario.
Le vostre proposte sulla gestione del passaggio da ricercatori e tecnologi al II livello mi sembrano interessanti.
Tra l’altro, tenuto conto che l’obiettivo è quello di allineare lo status dei R&T degli EPR a quello della docenza universitaria, uno dei criteri per favorire il passaggio potrebbe essere considerare il conseguimento di ‘abilitazioni scientifiche nazionali’ per il reclutamento del personale docente universitario.
Non sono d’accordo con l’accettazione della messa a esaurimento della terza fascia (PS io sono comunque in seconda fascia). Stato giuridico si’ … ma cosa osta ad avere uno stato giuridico a tre fasce (per gli EPR ed anche per l’universita’ dove e’ stato un errore metterla ad esaurimento, ma minore di quanto lo sia per gli EPR dove ha una preponderanza attorno al 70%).
Cfr. i miei interventi
http://sax.iasf-milano.inaf.it/~lucio/WWW/Opinions/madia.html
http://www.roars.it/online/i-ricercatori-degli-enti-di-ricerca-conquistano-lo-stato-giuridico-ma-per-il-70-vengono-messi-ad-esaurimento/
Non sono d’accordo con l’accettazione della messa a esaurimento della terza fascia (PS io sono comunque in seconda fascia). Stato giuridico si’ … ma cosa osta ad avere uno stato giuridico a tre fasce (per gli EPR ed anche per l’universita’ dove e’ stato un errore metterla ad esaurimento, ma minore di quanto lo sia per gli EPR dove ha una preponderanza attorno al 70%).
Cfr. i miei interventi
http://sax.iasf-milano.inaf.it/~lucio/WWW/Opinions/madia.html
http://www.roars.it/online/i-ricercatori-degli-enti-di-ricerca-conquistano-lo-stato-giuridico-ma-per-il-70-vengono-messi-ad-esaurimento/
Come era prevedibile, i sindacati hanno vinto. Dopo il parere negativo della Ragioneria Generale dello Stato, lo status giuridico e’ tramontato. I ricercatori degli enti di ricerca italiani continueranno (anzi, forse, la loro situazione peggiorera’) ad avere stipendi ridicoli e nessuna prospettiva di carriera e ad essere “succubi” di personale tecnico ed amministrativo che in molti casi guadagna piu’ di loro. Come fa un Paese cosi’ ad andare avanti?
Come era prevedibile, i sindacati hanno vinto. Dopo il parere negativo della Ragioneria Generale dello Stato, lo status giuridico e’ tramontato. I ricercatori degli enti di ricerca italiani continueranno (anzi, forse, la loro situazione peggiorera’) ad avere stipendi ridicoli e nessuna prospettiva di carriera e ad essere “succubi” di personale tecnico ed amministrativo che in molti casi guadagna piu’ di loro. Come fa un Paese cosi’ ad andare avanti?
Era ovvio che sarebbe andata a finire così. Le riforme non si fanno senza soldi (soprattutto se contro queste riforme ci sono interessi convergenti di sindacati e professori universitari). Viene da chiedersi come pensino i politici di turno che l’Italia possa tornare a tassi di crescita “normali”, quando ovunque nel mondo è noto che la crescita dipende dal grado di innovazione e che la ricerca scientifca di punta viene demandata agli enti di ricerca, prima ancora che alle Università. Sul ruolo “frenante” della Ragioneria Generale dello Stato poi è meglio sorvolare.
Era ovvio che sarebbe andata a finire così. Le riforme non si fanno senza soldi (soprattutto se contro queste riforme ci sono interessi convergenti di sindacati e professori universitari). Viene da chiedersi come pensino i politici di turno che l’Italia possa tornare a tassi di crescita “normali”, quando ovunque nel mondo è noto che la crescita dipende dal grado di innovazione e che la ricerca scientifca di punta viene demandata agli enti di ricerca, prima ancora che alle Università. Sul ruolo “frenante” della Ragioneria Generale dello Stato poi è meglio sorvolare.
A questo punto per i ricercatori degli EPR si fa davvero dura. Tra dominio incontrastato dei sindacati confederali (che rappresentano soprattutto tecnici ed amministrativi) e nuovo compartone e regole della legge Brunetta, le possibilità di aumenti di stipendio verso la media (anzi, il minimo) europea e di carriera con standard internazionali diventano nulle. E’ la fine degli EPR?
A questo punto per i ricercatori degli EPR si fa davvero dura. Tra dominio incontrastato dei sindacati confederali (che rappresentano soprattutto tecnici ed amministrativi) e nuovo compartone e regole della legge Brunetta, le possibilità di aumenti di stipendio verso la media (anzi, il minimo) europea e di carriera con standard internazionali diventano nulle. E’ la fine degli EPR?
Probabilmente questo è il segnale che si va verso la chiusura degli Enti di Ricerca pubblici, che, nonostante i nuovi (pochi) concorsi si stanno svuotando di ricercatori capaci (molti dei ricercatori meno anziani a tempo indeterminato e che lo possono fare stanno pensando all’espatrio, vista l’inesistenza delle carriere). In tutto questo, ovviamente non voluto dai sindacati confederali, sorprende l’ingenuità degli stessi sindacati confederali, che non si stanno rendendo conto che l’affossamento è inevitabile senza percorsi e stipendi “normali” (cioè quanto meno confrontabili con quelli degli altri paesi) per i ricercatori e tecnologi. Quando, credo a brevissimo, agli EPR verranno ancora tagliati i finanziamenti viste le loro scarse “performance” causate dallo scoramento diffuso tra i ricercatori (e i primi segnali si intravedono), non si capisce cosa ne verrà di buono anche ai tecnici ed amministrativi. L’argomentazione dei sindacati che chiedono un “rilancio del sistema pubblico della ricerca” a prescindere da interventi immediati e “choc” sugli stipendi e le carriere dei ricercatori, o demandando tutto ciò alla contrattazione, sembra ormai del tutto lunare.
Probabilmente questo è il segnale che si va verso la chiusura degli Enti di Ricerca pubblici, che, nonostante i nuovi (pochi) concorsi si stanno svuotando di ricercatori capaci (molti dei ricercatori meno anziani a tempo indeterminato e che lo possono fare stanno pensando all’espatrio, vista l’inesistenza delle carriere). In tutto questo, ovviamente non voluto dai sindacati confederali, sorprende l’ingenuità degli stessi sindacati confederali, che non si stanno rendendo conto che l’affossamento è inevitabile senza percorsi e stipendi “normali” (cioè quanto meno confrontabili con quelli degli altri paesi) per i ricercatori e tecnologi. Quando, credo a brevissimo, agli EPR verranno ancora tagliati i finanziamenti viste le loro scarse “performance” causate dallo scoramento diffuso tra i ricercatori (e i primi segnali si intravedono), non si capisce cosa ne verrà di buono anche ai tecnici ed amministrativi. L’argomentazione dei sindacati che chiedono un “rilancio del sistema pubblico della ricerca” a prescindere da interventi immediati e “choc” sugli stipendi e le carriere dei ricercatori, o demandando tutto ciò alla contrattazione, sembra ormai del tutto lunare.
Cari colleghi, penso anch’io che il parere negativo della RGS assesterà un duro colpo allo status giuridico dei R&T sanzionando al tempo stesso la vittoria dei confederali. Questo risultato era però da aspettarselo, e ripropone una riconsiderazione di fondo della “linea politica” dell’ANPRI negli ultimi quindici anni. Come già notato in altri interventi, tale linea è basata su tre capisaldi. (i) la regolazione per legge è superiore alla regolazione per contratto “sempre e comunque”; (ii) i sindacati confederali, in quanto rappresentanti della contrattazione, sono per noi l’ostacolo da superare, specialmente perché cercano una strada più facile per accedere dai livelli CTER ai profili dei R&T; (iii) il modo migliore per i R&T di contrastare queste tendenze è una regolazione per legge dello stato giuridico dei R&T, equiparata il più possibile al modello universitario (qualunque esso sia).
Personalmente, mentre sono abbastanza d’accordo sui primi due punti, lo sono molto meno sul terzo. In particolare, pensare di ottenere uno stato giuridico per i R&T attraverso una semplice trasposizione del modello elitario e neo-liberista Moratti-Gelmini dei precedenti governi di centro-destra agli EPR (a) mi sembra molto riduttivo: primo perché non funziona nemmeno nell’università, e due perché non tiene conto delle specificità degli Enti Pubblici di Ricerca. E inoltre (b) mi sembra ingenuo pensare di poter arrivare ad una riforma di ampia portata come lo stato giuridico in totale contrapposizione alla triplice.
Tale contrapposizione, oltre ad essere negativa per noi, è negativa anche su un piano più generale, perché comunque noi siamo anche un sindacato, e quindi mantenere – pur criticandone liberamente gli aspetti che non ci piacciono della triplice – un’unitarietà dell’azione sindacale sui diritti fondamentali dei lavoratori, mi sembra essenziale. In questo senso, ottenere uno stato giuridico dei R&T accettando gli aspetti neo-liberisti della riforma universitaria – ad esempio jobs act “pieno”, tagli dei finanziamenti pubblici, “apertura ai privati”, università di serie A e di serie Z – a dire il vero non mi sembra un grande affare.
Cosa fare? Speriamo in una soluzione rapida e positiva, in ogni caso, penso sia il caso di, ora e domani, to take the lead of the initiative: sottolineare l’importanza di una riforma complessiva dello stato giuridico dei R&T e di tutti gli EPR, e lanciare un confronto efficace con tutti gli attori interessati.
Cari colleghi, penso anch’io che il parere negativo della RGS assesterà un duro colpo allo status giuridico dei R&T sanzionando al tempo stesso la vittoria dei confederali. Questo risultato era però da aspettarselo, e ripropone una riconsiderazione di fondo della “linea politica” dell’ANPRI negli ultimi quindici anni. Come già notato in altri interventi, tale linea è basata su tre capisaldi. (i) la regolazione per legge è superiore alla regolazione per contratto “sempre e comunque”; (ii) i sindacati confederali, in quanto rappresentanti della contrattazione, sono per noi l’ostacolo da superare, specialmente perché cercano una strada più facile per accedere dai livelli CTER ai profili dei R&T; (iii) il modo migliore per i R&T di contrastare queste tendenze è una regolazione per legge dello stato giuridico dei R&T, equiparata il più possibile al modello universitario (qualunque esso sia).
Personalmente, mentre sono abbastanza d’accordo sui primi due punti, lo sono molto meno sul terzo. In particolare, pensare di ottenere uno stato giuridico per i R&T attraverso una semplice trasposizione del modello elitario e neo-liberista Moratti-Gelmini dei precedenti governi di centro-destra agli EPR (a) mi sembra molto riduttivo: primo perché non funziona nemmeno nell’università, e due perché non tiene conto delle specificità degli Enti Pubblici di Ricerca. E inoltre (b) mi sembra ingenuo pensare di poter arrivare ad una riforma di ampia portata come lo stato giuridico in totale contrapposizione alla triplice.
Tale contrapposizione, oltre ad essere negativa per noi, è negativa anche su un piano più generale, perché comunque noi siamo anche un sindacato, e quindi mantenere – pur criticandone liberamente gli aspetti che non ci piacciono della triplice – un’unitarietà dell’azione sindacale sui diritti fondamentali dei lavoratori, mi sembra essenziale. In questo senso, ottenere uno stato giuridico dei R&T accettando gli aspetti neo-liberisti della riforma universitaria – ad esempio jobs act “pieno”, tagli dei finanziamenti pubblici, “apertura ai privati”, università di serie A e di serie Z – a dire il vero non mi sembra un grande affare.
Cosa fare? Speriamo in una soluzione rapida e positiva, in ogni caso, penso sia il caso di, ora e domani, to take the lead of the initiative: sottolineare l’importanza di una riforma complessiva dello stato giuridico dei R&T e di tutti gli EPR, e lanciare un confronto efficace con tutti gli attori interessati.
Non sono così convinta che la responsabilità dell’affossamento sia stata dei sindacati confederali. A me pare che i docenti universitari siano molto più “pericolosi”. Stanno da tempo bloccando ogni riforma degli EPR, in modo da affossarli. Così facendo non si rendono però conto che trascinano tutto il sistema della ricerca pubblica nell’abisso. Quanto alle strategie, sono pessimista ed ottimista ad un tempo: pessimista perché non credo che l’ANPRI possa ottenere nulla, anche rinunciando a qualcosa e collaborando con i confederali. Ottimista perché il Movimento 5 Stelle sembra aver compreso la situazione degli EPR (spiace dirlo, ma sono gli unici).
Non sono così convinta che la responsabilità dell’affossamento sia stata dei sindacati confederali. A me pare che i docenti universitari siano molto più “pericolosi”. Stanno da tempo bloccando ogni riforma degli EPR, in modo da affossarli. Così facendo non si rendono però conto che trascinano tutto il sistema della ricerca pubblica nell’abisso. Quanto alle strategie, sono pessimista ed ottimista ad un tempo: pessimista perché non credo che l’ANPRI possa ottenere nulla, anche rinunciando a qualcosa e collaborando con i confederali. Ottimista perché il Movimento 5 Stelle sembra aver compreso la situazione degli EPR (spiace dirlo, ma sono gli unici).
Concordo con Luisa: purtroppo l’unica speranza per una rinascita ed una sburocratizzazione degli EPR si puo’ riporre nel Movimento 5 Stelle. Triste a dirsi, ma e’ cosi’. Le forze che concorrono alla conservazione dell’esistente (che significa umiliazione dei ricercatori) sono troppo forti e tante (sindacati confederali, docenti universitari, ragioneria generale dello stato, …) per poter essere contrastate da un governo in fondo allineato alle politiche degli ultimi decenni o, ancora meno, da un sindacato/associazione molto piccolo (anche se agguerrito) come l’ANPRI. Senza negare che una parte, sia pur minoritaria, degli stessi ricercatori teme la decontrattualizzazione per paura di perdere … il buono pasto!
Concordo con Luisa: purtroppo l’unica speranza per una rinascita ed una sburocratizzazione degli EPR si puo’ riporre nel Movimento 5 Stelle. Triste a dirsi, ma e’ cosi’. Le forze che concorrono alla conservazione dell’esistente (che significa umiliazione dei ricercatori) sono troppo forti e tante (sindacati confederali, docenti universitari, ragioneria generale dello stato, …) per poter essere contrastate da un governo in fondo allineato alle politiche degli ultimi decenni o, ancora meno, da un sindacato/associazione molto piccolo (anche se agguerrito) come l’ANPRI. Senza negare che una parte, sia pur minoritaria, degli stessi ricercatori teme la decontrattualizzazione per paura di perdere … il buono pasto!